Introduzione: un tedioso discorso sul metodo xD

Un metodo di comprensione e traduzione migliore?

Ho scritto queste dispense digitali interattive basandomi sulla mia esperienza diretta delle difficoltà che i miei studenti mostravano nel rielaborare e tradurre tutti i giorni e basandomi sulle testimonianze dirette di illustri traduttori antichi, piuttosto che sulle teorie del(l’insegnare-imparare a) tradurre che vengono esibite in certi ambienti accademici ed editoriali (con cui però mi sono confrontato, ovviamente. Ma dico subito che detesto quelle teorie nate apposta per giustificare orride libertà interpretative che sfigurano il testo originale, spesso in modo ridicolo),
con l’obiettivo d’aiutare a superare queste difficoltà e a sviluppare una tecnica avanzata di traduzione e comprensione del testo.

Io ho imparato molto dall’osservazione degli errori che i giovani apprendisti traduttori commettono quando sono alle prime armi:

all’inizio, si affidano spesso alla famigerata, rischiosissima traduzione parola-per-parola (o verbum de verbo).

In realtà, la traduzione verbum de verbo non è del tutto un male ed errore: era già usata da studiosi medievali per tradurre dal greco in latino, e se fatta bene (in modo consapevole del significato complessivo e non del tutto meccanico) ha l’utilità di far “sentire” al lettore d’una lingua diversa il modo peculiare in cui i Greci e Latini disponevano le parole;

tuttavia, ovviamente, la traduzione verbum de verbo è scorretta perché non è capace di rivelare né i contesti pragmatici che il testo presuppone, né le connotazioni e significati aggiuntivi incorporati in ogni singola parola, né i significati aggiuntivi veicolati dai nessi fra le parole:

del resto, “la somma è superiore all’insieme delle sue parti”, ovvero

i significati sono veicolati non solo dalle singole parole ma anche dalla loro “posizione storica” rispetto a chi le legge-ascolta e dal loro schema di combinazione.

Infatti, le parole presuppongono la realtà storica di chi le ha formulate; e non sono messe alla rinfusa, ma si intrecciano l’una con l’altra in nessi SEGNALATI POSIZIONALMENTE MA NON SCRITTI che il lettore-ascoltatore-traduttore sensibile ed allenato riconosce quasi automaticamente.

Questi nessi sono CONTEMPORANEAMENTE

In tal senso bisogna smontare un luogo comune a molti studiosi della sintassi indoeuropea: “siccome le lingue indeuropee come il greco sono flessive, allora l’ordine di connessione delle parole sarebbe reso riconoscibile dalle terminazioni e perciò l’ordine delle parole sarebbe lasciato al totale libero arbitrio dello scrittore”. NON È DEL TUTTO VERO!:

certe “stranezze” della disposizione delle parole in un testo greco letterario assumono chiarezza e significato SOLO se paragonate a quello che doveva essere l’uso e la disposizione “standard” delle parole nel greco e latino antico colloquiale: era la loro anomalia-deviazione rispetto allo standard che le rendeva evidenti e stimolanti agli occhi-orecchie del lettore-ascoltatore (e solo alla luce di ciò si capisce pienamente il senso della “guerra retorica” antica fra analogisti ed anomalisti).

Insomma, io do molta importanza nel mio metodo all’attenzione per la disposizione delle parole: le “stranezze” dell’uso e della disposizione delle parole nel greco e latino antico letterario presuppongono un uso e disposizione “standard”, con cui si chiariscono a vicenda.

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Ma l’attenzione per la disposizione delle parole è una delle tappe avanzate d’un percorso didattico preciso, che non deve essere necessariamente lineare, ma va seguito senza saltare nessuna tappa!

Tornare alle basi

Prima bisogna ripristinare nella scuola certi prerequisiti fondamentali:

una formazione grammaticale di base che sia ragionevole, coerente, dotata d’una terminologia che si applica simultaneamente a TUTTE le lingue (e quindi serva anche per l’inglese, o il cinese, o linguaggi artificiali di programmazione)! In ciò le grammatiche scolastiche italiane non aiutano quasi per niente – anzi, spesso avviliscono gli studenti con definizioni che confondono ed istupidiscono (per es., la completiva completa” - un’emerita stronzata!) o terminologie che rompono troppo bruscamente con la tradizione didattica dei cicli scolastici precedenti (si pensi alle astrattezze terminologiche della glossematica o della grammatica valenziale). Soprattutto quello della terminologia linguistica è un problema grave: l’impressione generale è che ogni linguista accademico tenda ad inventarsi una “terminologia proprietaria” con cui cerca d’imporsi sui suoi concorrenti accademici, provocando una mostruosa babele di termini tecnici (si veda per es. come gli indeuropeisti si scannano su paroloni come aspetto”, “Zeitart, “azionalità”, “naktostatività”!!) che rende quasi impossibile il loro adattamento all’“umile” didattica rivolta a studenti in età evolutiva.

Tuttavia, con un po’ di buona volontà, la formazione grammaticale di base è ancora praticabile, a condizione che l’insegnante di buona volontà non perda sé stesso ed i suoi studenti in cavilli terminologici e faccia ragionare sui rapporti fra qualsiasi linguaggio e la realtà che descrive: un esempio è l’apprendimento del concetto di “transitività”, e dei

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concetti, che io riadatto dalla grammatica strutturale e funzionale, di “entità” e “caratteristica”...

Traduzione e comprensione di base

Fatto ciò, si può finalmente apprendere la tecnica di traduzione di base, che dovrebbe essere esercitata il più possibile nel biennio liceale: una tecnica il cui fine è abituare lo studente a

Qui ci scontriamo con un altro genere di problemi: infatti ogni insegnante propone diverse tecniche di traduzione, ognuna con la pretesa d’essere quella “definitiva”. Vediamone le principali:

La tecnica di traduzione di base grammaticale-“prussiana ”, com’è noto, si fonda sull’identificazione dei verbi, delle singole proposizioni di cui sono l’ossatura, dei rispettivi soggetti, ecc.; ed è una tecnica OTTIMA ed IMPRESCINDIBILE, secondo me. MA è anche una tecnica pignola, faticosa, molto concentrata sull’apprendimento della grammatica (col rischio, già affrontato da Comenius, che diventi una grammatica fine a se stessa, staccata dalla realtà che la lingua significa, e tanto più stancante, noiosa, scoraggiante);

ed infatti alcuni preferiscono a questa tecnica altre tecniche più immediate e scorrevoli, come il metodo diretto o il metodo Ørberg, che sono, sì, anch’esse ottime per apprendere rapidamente un vocabolario di base, MA non possono andare oltre perché i vocaboli del latino e del greco NON SONO COLLOQUIALI, MA LETTERARI. Lo scopo dell’imparare la lingua latina e greca non è parlarle, ma diventare sensibili alla straordinaria profondità ed attualità dei testi d’alto livello tramandati da queste; ed è quasi offensivo ridurre ad una traduzione rapida in italiano elegante tutti i rimandi, sub-significati ed allusioni che un unico vocabolo d’un autore letterario classico (e non solo) può concentrare. Invece una tecnica di traduzione che brucia le tappe, costruendo l’edificio di una traduzione rapida in italiano elegante sopra fondamenta incerte d’una formazione grammaticale scarsa e soprattutto d’una comprensione superficiale delle vaste sfumature di significato che ogni singolo vocabolo ha, rischia di favorire ancor più le “moderne”, stra-libere, mediocri, diseducative “traduzioni frikkettone” e l’aridità superficiale di tanti commenti scolastici a traduzioni tascabili degli ultimi 50 anni.

Ormai sono giunto alla conclusione che TUTTE le tecniche di traduzione di base restano di per sé incomplete, finché non trovano un equilibrio reciproco e soprattutto finché non vengono integrate (integrate, NON sostituite) da una tecnica avanzata che restituisce al testo da comprendere e

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tradurre il sapore e l’importanza che dovette avere per i suoi primi lettori-ascoltatori, la sua dimensione storica.

Traduzione e comprensione avanzata

La tecnica avanzata mira a restituire allo studente una percezione del testo simile alla percezione del testo che abbiamo noi quando ascoltiamo-leggiamo discorsi nella nostra attuale lingua. Quando ascoltiamo-leggiamo discorsi nella nostra attuale lingua, noi non ci preoccupiamo della posizione dei verbi, delle proposizioni, dei soggetti, ecc.: infatti

  1. intuiamo la posizione e funzione degli elementi del testo ascoltato-letto, automaticamente ed istantaneamente
  2. mentre ci facciamo un “film mentale” di ciò che il racconto significa altrettanto automaticamente ed istantaneamente.

E ciò è reso possibile dal fatto che abbiamo già i prerequisiti seguenti:

Non a caso in Greco, Latino ed anche Italiano riusciamo a distinguere al volo singoli gruppi-sintagmi come il gruppo “soggetto+predicato” o il gruppo “complemento{preposizione+nome}”; in tutti questi gruppi è possibile riconoscere 2 “poli”, un determinante-modificatore ed un determinato-modificato.

La tecnica avanzata mira a restituire allo studente proprio la percezione di questi gruppi-sintagmi, così come doveva percepirli il greco-latino originale; il che

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dovrebbe rendere la traduzione anche molto più veloce e la comprensione del testo molto più completa, sensibile e ragionevole.

Oltre “voti” e “crediti”: gioco, sfida, gratificazione

Inoltre, nell’elaborare questo materiale, ho tenuto in conto anche le seguenti considerazioni generali:

nell’apprendere a tradurre è importante la dimensione del “gioco”. Io stesso sono rimasto stupito dall’entusiasmo d’una studentessa che, alle prese coi miei esperimenti di esercizio interattivo digitale alla traduzione, esclamava: “E’ come un gioco!”, e non voleva smettere di andare avanti fino alla fine della traduzione.

Fatto sta che nel “gioco” non c’è pedanteria né ossessione per il voto; ci si muove piuttosto in una dialettica tra sfida e gratificazione. Mi spiego con un esempio moderno: un ragazzo che gioca con un videogioco non gioca certo per ottenere un buon voto. Ma non gioca nemmeno semplicemente per ottenere la vittoria: se così fosse, gli basterebbe vincere anche barando – mentre invece ottenere la vittoria troppo facilmente annoia ed indispone il giovane, proprio perché è venuta a mancare la sfida. In realtà il giovane videogiocatore cerca la gratificazione di “sconfiggere il boss di fine livello e scoprire cosa l’aspetta nel livello seguente”; cerca la gratificazione di superare una sfida difficile, ed è curioso delle sfide seguenti, rispondendo ad un meccanismo psico-biologico che genera piacere fisico ed incentiva l’essere umano ad evolversinon solo per sopravvivere, ma per il piacere di vivere sempre meglio, sempre più felici. Ma attenzione: la sfida dev’essere graduale. Se è troppo difficile per i prerequisiti del giocatore, la gratificazione è sostituita da una crescente frustrazione, che può avere il disastroso esito della resa, rassegnazione, demotivazione. In parole povere, la sfida dev’essere ben calibrata sul livello del giocatore: né troppo facile, né troppo difficile; impegnativa, ma non frustrante.

Esiste però un problema strutturale nel “gioco” tradizionale: il “rischio” viene azzerato perché l’esperienza è simulata e “non è in gioco” la vita, con conseguente riduzione dell’ansia ma senza imparare a gestirla. Invece, è opportuno simulare anche l’ansia; ed in tal senso lo spauracchio del giudizio ha una certa utilità (al contrario, io sono contro il concetto di “credito”, che “economizza” la conoscenza-competenza trasformandola metaforicamente in “soldi da spendere” ed incoraggiando la mostruosa visione della conoscenza-competenza come sola fonte di profitto, non come fonte di solidarietà e felicità).

Dunque, un esercizio di traduzione dovrà essere articolato come una serie di
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sfide in ordine gradualmente crescente di difficoltà il cui superamento è sottoposto ad un giudizio finale chiaramente motivato.